La prima riguarda la Fiat e la dura lotta in atto con le organizzazioni sindacali sui contenuti del contratto di lavoro che conterrebbe (non si conoscono ufficialemtne i contenuti) deroghe alla contrattazione nazionale con l'inserimento di condizioni peggiorative delle condizioni e dei diritti dei lavoratori.
Tra i molti articoli cito il seguente:
http://www.dazebao.org/news/index.php?option=com_content&view=article&id=10545:fiat-ricatta-investiamo-su-pomigliano-se-le-dettiamo-noi-le-regole&catid=77:econimia&Itemid=177
Dalle indiscrezioni pare che ai sindacati sia stato chiesto di firmare un accordo che prevede:
- rinuncia al diritto di sciopero
- 18 turni di lavoro (che significa finire al sabato e ricominciare domenica notte)
- 10 minuti in meno di pausa (su 40)
- straordinari “comandati” (di fatto obbligatori) da 40 a 120 ore annue
- 15 sabato lavorativi contro i 4 attuali
- turni successivi anche al di sotto delle 11 ore di riposo obbligatorie ( richiesta in deroga alle leggi attuali).
Che dire?
Sinceramente non trovo parole, solo emozioni, vale a dire sconforto, paura, delusione per quella che consideravo una impresa faro della cultura della sicurezza e della gestione delle persone.
Pare evidente come questo caso sia di fondamentale importanza nel contesto italiano, rappresentando un possibile esempio e precedente per le altre grandi imprese.
Dall'altra parte del mondo in Cina si assiste invece a un movimento contrario.
In un paese dove lo sciopero è illegale si assiste ai primi coraggiosi scioperi.
Negli stabilimenti Honda e KOK gli operai si sono fermati per rivendicare adeguamenti salariali e migliori condizioni di lavoro.
http://www.ilgiornale.it/esteri/cina_operai_tentano_scioperare_scontri_e_50_feriti/terzo_mondo-attualit-cina_sciopero_operai_feriti/09-06-2010/articolo-id=451847-page=0-comments=1Alcune proteste sono state soffocate nel sangue con feriti e arresti della polizia eppure hanno dato anche dei risultati.
Resta la domanda iniziale, impossibile trovare una risposta.
La speranza è che chi deve far rispettare le leggi lo faccia,
che le nostre buone leggi, in primis la Costituzione, vengano applicate in modo democratico e possano promuovere una cultura di responsabilità sociale d'impresa in grado, all'occorrenza, di cooperare a progetti di presa in carico comune (aziende e organismi pubblici) del problema occupazionale di un territorio legato ad una possibile delocalizzazione produttiva.
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