sabato 19 gennaio 2013

EDUCARE UN PADRONE EDUCANDO UN CANE...

Avere un cane è un'esperienza utile sotto tantissimi punti di vista.

Il più grande vantaggio è che ci offre un affetto costante e incondizionato.

A qualsiasi ora tu torni, qualsiasi tempo faccia, lui è pronto a venirti incontro scodinzolando in segno di festa, a leccarti e starti intorno per tutto il tempo che vorrai.
Il cane è una riserva inestinguibile di carezze che vogliono poco in cambio.

Così presi da questo rapporto di amore che parte alla prima leccata di quella sua ruvida lingua "educarlo" diventa un problema perché sembra di volerne limitare la spontaneità o di rifiutare in taluni momenti il suo affetto.

Oggi ho assistito ad una lezione della mia amica Antonella sulla gestione di alcuni aspetti molto importanti della relazione cane-padrone che favoriscono l'instaurarsi del rapporto di fiducia e di leadership di cui il cane ha bisogno (e anche il padrone).

Uso "leadership" anche se in "canese" si usa "dominanza" perché l'accezione di questa parola in "umanese" è spiacevole.
Sì perché per comunicare con un cane bisogna parlare il  "canese" che è un linguaggio tutto basato sul corpo, a differenza di quello umano, non si concentra sulle parole che tu dici ma in come le dici e soprattutto sull'atteggiamento che assumi con il corpo e la prossemica (che adesso vi spiego cos'è).

Un cane ti insegna ad osservare perché non ti parla ma ti comunica il suo disappunto o nervosismo o felicità con i fatti, mordicchiando il suo osso in modo ansioso, andando a bere per stemperare la tensione o scondinzolandoti attorno.
Un bell'allenamento per la nostra comunicazione non verbale perché un cane ti regala il suo silenzio (quando non abbaia) dandoti modo di sviluppare l'arte di cogliere nei dettagli fisici la sua emozione (a patto ovviamente di liberarti dalla insaziabile voglia di .... parlargli....!!!)

Se vuoi poi che il cane ti riconosca come suo punto di riferimento (e sia da ciò rassicurato che lo guiderai e proteggerai in ogni situazione) è importante gestire l'occupazione del  tuo e suo spazio fisico (ecco la prossemica), quando entri in una stanza devi essere tu a farlo entrare, quando sei con lui non deve saltarti addosso a suo piacimento ma rispettarti e attendere un tuo segnale su come e quando vuoi entrare in contatto con lui.

Vedendo queste cose spiegate al padrone di due splendide cagnolone ho percepito però la stessa difficoltà psicologica che vedo spesso nei genitori quando si trovano a dover regolare il comportamento dei propri figli  dicendo dei "no", frustranti sia per il bambino che per il genitore (non ti prendo in braccio subito, mangi solo ciò che ti fa bene, questo non si può fare ora...)

Il problema del genitore (che sia di bambino o di cane) è che in quel momento non si sente affatto bene, alcuni direbbero persino "cattivo" perché sembra assurdo dover dire di no per fare crescere una persona o una relazione.

Eppure è così, il tema dei confini siano essi fisici o psicologici è cruciale sia nelle relazioni umane che in quelle "canine" (uomo-cane) e bisogna insegnare ai bambini e ai cani a riconoscerli e a segnarli, "rispetta il mio confine" significa "guardami sono qui" "ho i miei bisogni".

La differenza tra cani e bambini è forse che con questi ultimi cambiano le tipologie di confini, da spazi fisici (il lettone di mamma e papà no!) a spazi psicologici più sottili quando sono più grandi (distribuzione dei doveri di casa...), che insegnano che l'amore è rispetto di sé, dell'altro, dello spazio comune, mai abdicazione di sé e invasione.

Insomma  forse l'unica condizione che possiamo mettere all'amore per qualcuno è l'amore per sé, ma d'altronde chi non ama se stesso ben difficilmente potrà amare davvero qualcun altro...


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