domenica 14 giugno 2009

nasce il blog di benessere al lavoro


Salve!
finalmente ci siamo!
E' una bella emozione "esserci", per lasciare un'impronta, per
condividere con voi mesi di riflessioni, domande, desideri e sogni.
Chi mi conosce lo sà, da un anno un'idea mi frulla in testa.
Sarà per un incontro ravvicinato con un signore chiamato Kurt Lewin,
per l'approfondimento della psicologia di comunità e la psicologia positiva
ma tant'è che ormai tutte le energie si sono canalizzate su un tema:
IL BENESSERE.
Così nasce l'idea di "benessere al lavoro";
nasce dall'aver toccato con mano e con il cuore,
quanto possa essere difficile o facile lavorare.
Quante situazioni che definiremmo felici o fortunate
si rivelano in realtà occasioni di sofferenza psicologica e fisica?
E quant'è bella ed entusiasmante
la sensazione di produrre qualcosa di significativo e importante senza dover rinunciare a parti rilevanti di sé...

Questa è la sfida o l'Utopia:
ragionare insieme sulle condizioni che costruiscono il nostro stare bene al lavoro.

L'obiettivo è quello di sviluppare attenzioni e ipotesi di intervento orientate da un "principio di benessere" in grado di proteggere la salute psico-fisica di ognuno di noi e conferire dignità e soddisfazione al nostro tempo lavorativo.

Catia Conti

1 commento:

  1. Complimenti Catia.

    L'idea di elaborare idee e proposte relative al lavoro nell'ottica del "principio di benessere" è originale e sicuramente innovativa.

    Penso che ognuno di noi abbia, nella propria esperienza di lavoro o di quando cercava il lavoro, il ricordo di episodi che potrebbe raccontare arricchendo di nuove angolazioni la vista sui problemi del lavoro.

    Io, ad esempio, ricordo ancora quando andai a lavorare in banca dopo aver lavorato per tre anni in un ospedale ed ero felice perchè all'epoca risolvevo il problema dello stipendio che, all'epoca in cui lavoravo in ospedale mi consentiva di arrivare si e no alla terza settimana del mese. Eppure dopo un mese di timbratura degli assegni circolari mi sentivo talmente frustrato che solo la vista della busta paga mi consentì di ovviare al desiderio di tornare a lavorare in ospedale dove, per lo meno, mi sentivo utile alle persone.

    Dopo di allora, per fortuna, le cose cambiarono e trovai via via motivazioni anche ideali al mio nuovo lavoro. Però non posso fare a meno di pensare a quale fu il mio primo approccio al lavoro in banca che sintetizzerei così: giacca, cravatta, molta apparenza e tanto nulla dietro uno sportello che più che tutelare noi sembrava voler marcare la barriera che separava noi dai clienti.

    Ciao
    Paolo

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